Covid, mappa “cromatica” del rischio: sul caso Campania “gialla” è caos. Fuoco incrociato da più Regioni contro il Governo. E sulla scuola Emiliano e De Luca si ammutinano
Pioggia di polemiche per il Governo dopo la suddivisione “cromatica” delle regioni in base alla pericolosità della pandemia (zone “rosse”, “arancioni” e “gialle”): le parole pronunciate dal premier Conte, ieri sera mentre annunciava il nuovo Dpcm, sono state smentite nei fatti dalle dichiarazioni, accompagnate da una valanga di contestazioni, di alcuni governatori regionali che non hanno affatto gradito, giudicando assurda e arbitraria, la mappa del rischio pandemico stilata dal Governo, nella quale dicono, alcune regioni non sono state giudicate sulla scorta della reale gravità del quadro epidemiologico. Nell’annuncio delle 20.20 di ieri Conte ha risposto alla domanda di un giornalista asserendo che “nella valutazione delle aree di rischio le Regioni non sono un alter-ego del Governo. Il contraddittorio viene esercitato a monte e le decisioni vengono prese insieme con le Regioni sulla base dei dati tecnico-scientifici”. Ma l’immediata presa di posizione e le aspre contestazioni arrivate da più governatori sulla questione dimostrano l’esatto contrario. In questo scenario si staglia l’incredulità diffusasi sui social e l’ira di Vincenzo De Luca sul caso Campania. “Una regione tra le più colpite dal virus” come ha dichiarato soltanto ieri Gianni Rezza (direttore Prevenzione ministero della Salute), con una curva esponenziale dei contagi che da settembre ad oggi ha sfondato il tetto record di 4mila casi di positività nella sola giornata di ieri ed un indice intorno al 20 percento tra tamponi eseguiti e numero di contagiati. Senza contare il preoccupante ed ampio superamento, ad oggi al 44 percento, della soglia critica (stabilita al 30 percento) dell’occupazione delle terapie intensive, come evidenziato da Enrico Coscioni, direttore dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Dati che avevano condotto qualsiasi previsione all’idea che la Campania sarebbe finita quanto meno in zona arancione, se non rossa. Eppure, clamorosamente, secondo il Governo, la regione “partenopea” sarebbe tra le aree meno a rischio, e dunque è stata collocata in fascia gialla. Imbufalito il governatore De Luca, da sempre sostenitore del pugno di ferro, tendente al lock-down, in materia di restrizioni anti-covid, il quale avrebbe espresso disappunto quantunque la Campania fosse stata posta in zona di intermedia pericolosità, figuriamoci in zona gialla. “Il Governo nazionale con questa decisione sta sottovalutato tutto – ha detto De Luca a poche ore dall’annuncio di Conte -. Si tratta di un provvedimento contro il randagismo che non tiene in considerazione l’interesse del 99 percento dei cittadini”. E nella tarda serata di ieri sono trapelate le prime indiscrezioni sulle contromosse del politico salernitano in direzione ostinata e contraria rispetto al nuovo Dcpm: tra le principali l’intenzione di prolungare la chiusura di tutte le scuole (chiusura non prevista dal provvedimento nazionale per le zone in fascia gialla). L’ordinanza potrebbe arrivare già in giornata. Nel coro di vibrante protesta, che, sul caso Campania, contesta “i due pesi e le due misure del Governo” ci sono in prima linea anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che parla di “schiaffo alla sua regione e di sordità del Governo alle richieste formulate negli ultimi due giorni”, così come l’assessore al Bilancio del Piemonte, Andrea Tronzano, che grida allo “scandalo Campania in zona gialla!”, così come anche il governatore Nello Musumeci, arrabbiato per la penalizzazione subita, invece, dalla Sicilia, in zona arancione seppur con numeri pandemici più bassi della Campania. In questo caotico “scontro” istituzionale Governo-Regioni, c’è pure la posizione, anche se più garbata, della Puglia: nei fatti Emiliano si è ammutinato di fronte alla misura nazionale che prevede la riapertura delle scuole elementari e medie. In barba anche alle proteste arrivate negli scorsi giorni dal mondo scolastico locale, il presidente della Puglia ha ribadito quanto emanato una settimana fa: le scuole di ogni ordine e grado nel Tacco d’Italia dovranno restare chiuse fino al 24 novembre, come da ordinanza regionale del 28 ottobre. “Le scuole resteranno chiuse – ha sottolineato Emiliano, pur con qualche ammiccamento nei confronti del nuovo Dpcm -. C’è la disponibilità della presidenza regionale, su richiesta dell’Ufficio scolastico regionale, ad aumentare la quota di didattica in presenza in quelle scuole in cui dirigenti scolastici e famiglie ne manifestino la volontà, compatibilmente con le previsioni del nuovo Dpcm e sempre che le condizioni epidemiologiche lo consentano. Il Governo nazionale – ha concluso Emiliano – ove ritenga assolutamente necessaria la riapertura della didattica in presenza potrà richiedere espressamente la revoca dell’ordinanza del presidente della Regione Puglia che la valuterà di intesa col Ministro della Salute”. Il quadro delle ultime ore post-nuovo Dpcm rappresentare il primo vero banco di prova politico-istituzionale del Governo dall’inizio della pandemia: nonostante il reiterato, fino a ieri, appello all’unità di Conte, sono in molte, ora, le voci che contano e che si stanno levando contro gli ultimi provvedimenti del Governo perché non ne comprendono i criteri. Potrebbe diventare una gran brutta grana per l’esecutivo di Conte, che, se da una parte, negli scorsi giorni, ha dovuto fronteggiare la prima vera rabbia di Napoli e delle sue categorie di lavoratori ridotte sul lastrico dai provvedimenti nazionali, a cui hanno fatto seguito manifestazioni di protesta in tutta Italia, ed anche a Foggia, dall’altra un mancato vero “dialogo” con le Regioni e la sottovalutazione di alcuni dati pandemici oggettivi, riconosciuti trasversalmente dal mondo accademico, scientifico e istituzionale, potrebbe non di certo migliorare la situazione e acuire i risentimenti di tutte le parti, sia quelle più votate alla difesa dell’economia, sia di coloro che antepongono la salute come priorità massima e assoluta.