Molise/Termoli: Lo smantellamento silenzioso, quei camion che portano via il futuro

C’è un’immagine che resterà nella memoria dei lavoratori della Stellantis di Termoli come un simbolo amaro di un destino ormai segnato: un TIR che si allontana lentamente dallo stabilimento, trasportando le ultime cabine elettriche della linea dei cambi. Un’uscita definitiva, senza ritorno. Quei pezzi di produzione non torneranno più. Andranno altrove – in Turchia, in Marocco, o in uno degli altri stabilimenti globali dove Stellantis ha deciso che è più conveniente produrre.

Ma quel camion non è solo un trasporto logistico. È un messaggio chiaro e durissimo. È la manifestazione tangibile di uno smantellamento che avanza inesorabile, pezzo dopo pezzo. “Stanno smantellando la fabbrica fisicamente davanti ai nostri occhi – denuncia Gianluca Falcone, segretario della Fiom Molise – Termoli è diventata l’emblema di questa dismissione silenziosa”. Un processo che non fa rumore, ma lascia un vuoto profondo.

Oggi e domani, per ogni turno di lavoro, due ore di sciopero promosse dalla Fiom. L’assemblea sindacale nella sede della Cgil in via Asia si è svolta in un clima carico di amarezza e frustrazione. Al centro, non solo il mancato rinnovo del contratto economico 2025-2026, ma soprattutto la percezione, sempre più forte, di essere stati abbandonati. Di non avere davanti alcun progetto, nessuna strategia industriale, nessuna speranza concreta.

“Oggi lavorano a Termoli 1.945 persone – prosegue Falcone – ma un tempo erano oltre 3.500. La linea dei cambi è stata dismessa, la produzione Fire sta per esaurirsi. Gli 8 valvole sono già finiti, i 16 valvole andranno avanti fino all’estate. Dopo giugno o luglio, non ci sarà più nulla. Dopo le ferie estive inizierà una vera emergenza occupazionale”.

Il rischio più grande? Che Termoli diventi un deserto industriale. “La gigafactory che ci avevano promesso non si vede più. Il progetto per la transizione ecologica è sparito dai radar”, denunciano con amarezza gli operai. Le promesse di rilancio sono evaporate e al loro posto resta solo l’agonia lenta di uno stabilimento che un tempo era un orgoglio del settore manifatturiero.

La doccia fredda è arrivata anche dalle parole del presidente di Stellantis, John Elkann, durante un’audizione alla Camera: “È molto difficile realizzare la fabbrica a Termoli”, ha dichiarato, citando i costi energetici troppo elevati in Italia. Parole che suonano come una sentenza.

In questo contesto, c’è chi preferisce guardare in faccia la realtà, anche se dura: “Meglio essere catastrofici e smentiti dai fatti, piuttosto che continuare a illuderci”, dicono alcuni lavoratori. È una resa lucida, ma non rassegnata. È l’appello – forse l’ultimo – a chi ancora può intervenire per cambiare una traiettoria che, se non invertita, porterà alla chiusura definitiva di uno dei poli produttivi più importanti del Mezzogiorno.

E quel camion, che si allontana nel silenzio, resterà il simbolo di un’occasione perduta.

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