Foggia:Due magistrati, due visioni sul capoluogo, scontro o strategia?
A Foggia, terra di frontiera nella lotta alla criminalità organizzata, si accende un dibattito tra due autorevoli voci della giustizia. Da un lato Antonio Laronga , procuratore aggiunto, dall’altro Ludovico Vaccaro, procuratore capo. Entrambi impegnati nella stessa trincea, ma con toni e prospettive molto differenti. Uno scontro di dichiarazioni che fa riflettere: è vera divergenza o c’è, sotto, una strategia comunicativa più complessa?
Laronga : “Tracollo etico, la società ha smarrito il senso morale”
Nel suo intervento, La Ronca non usa mezze misure:
“Foggia ha subito un tracollo etico difficile da commentare… La società civile ha smarrito ogni senso morale”.
La sua è una lettura amara, quasi disillusa, di un territorio che, a suo giudizio, ha abbassato la guardia non solo contro la mafia, ma nei confronti dei propri stessi valori civici. Laronga parla di un’evoluzione criminale che non spara più per le strade, ma che continua ad agire, forse più pericolosamente, sotto traccia. La sua analisi antropologica sembra voler scuotere le coscienze, quasi lanciare un allarme alla cittadinanza: la rassegnazione è già una forma di sconfitta.
Vaccaro: “Foggia non è mafiosa, resiste e vuole cambiare”
Vaccaro risponde – o meglio, precisa – con toni molto diversi:
“Foggia non è una città mafiosa. Subisce la mafia, ma non la incarna. La cultura mafiosa è adesione, è complicità. E i foggiani non lo sono. Qui c’è resistenza civile”.
Parole che non negano la presenza della mafia, ma ne rifiutano l’etichetta collettiva. Vaccaro intende tracciare una linea netta tra chi delinque e la stragrande maggioranza dei cittadini che resistono, denunciano, collaborano, o anche solo non accettano il sistema mafioso. È un messaggio di fiducia, di incoraggiamento, perfino di speranza. Non si tratta di negare la realtà, ma di riconoscere le forze positive ancora in campo.
Due giudizi opposti. Ma chi ha ragione?
A prima vista sembra uno scontro: da una parte chi sottolinea il degrado morale, dall’altra chi difende la dignità di una comunità. Ma forse non è una contrapposizione reale, quanto piuttosto due livelli diversi di lettura.
- Laronga punta il dito contro l’apatia, l’indifferenza, il silenzio che spesso circondano i fenomeni mafiosi, anche quando non c’è adesione esplicita.
- Vaccaro, invece, vuole proteggere il tessuto civile, evitando stigmatizzazioni generalizzate che possono generare disillusione e allontanare i cittadini dallo Stato.
In altre parole: entrambi dicono la verità, ma da angolazioni diverse. Laronga fotografa il pericolo della rassegnazione sociale, Vaccaro coltiva il potenziale della resistenza ancora viva.
Scontro o strategia?
Dunque sì, formalmente c’è uno scarto comunicativo. Ma più che uno scontro tra magistrati, potrebbe trattarsi di una strategia complementare: uno “scossone” per svegliare le coscienze (Laronga)e una narrazione costruttiva per non farle affondare nella sfiducia (Vaccaro).
Due giudizi diversi, ma forse non contrapposti, bensì necessari l’uno all’altro per leggere nella sua interezza la complessità del territorio foggiano.