Il trapper Paname condannato a sei mesi per diffamazione aggravata contro Vittorio Brumotti
Amin Bajtit, conosciuto nel panorama musicale come Paname, trapper 28enne di origine magrebina residente a Lugo (Ravenna), è stato condannato ieri mattina dal Tribunale di Ravenna a sei mesi di reclusione per diffamazione aggravata nei confronti di Vittorio Brumotti, inviato della trasmissione televisiva Striscia la Notizia. La pena è stata dichiarata in continuazione con una precedente condanna già emessa a Foggia per reati legati alla stessa vicenda.
Le accuse e il contesto
Il caso è nato dal videoclip intitolato Brumotti Freestyle, girato a San Severo e pubblicato online in risposta a un servizio di Striscia la Notizia andato in onda il 5 ottobre 2021. In quel reportage, Brumotti era stato aggredito mentre documentava situazioni di degrado urbano e spaccio di droga nelle periferie. Il videoclip, che aveva raccolto numerose visualizzazioni, aveva contribuito ad alimentare una campagna d’odio nei confronti del noto inviato.
A Foggia, Paname aveva già patteggiato una condanna a un anno e quattro mesi per vilipendio, istigazione a delinquere e tentata violenza privata. Nel procedimento ravennate,
invece, il giudice Piervittorio Farinella ha escluso l’imputazione di minacce, ritenendola già assorbita nel precedente giudizio foggiano.
La difesa e il coimputato
A Ravenna, Paname, assistito dall’avvocato Nicola Casadio, non era presente in aula. Questo elemento è stato sottolineato dallo stesso Brumotti durante la sua deposizione a giugno: “Se quel ragazzo mi avesse chiesto subito scusa, avrei ritirato la querela. Lo avrei fatto anche se le scuse fossero arrivate in udienza”.
Per quanto riguarda il coimputato foggiano, accusato di aver caricato il video diffamatorio su internet, è stata inflitta una condanna a un anno di reclusione con pena sospesa.
La reazione di Brumotti
Brumotti, noto per le sue inchieste nelle zone più difficili d’Italia, si è detto disponibile a chiudere la vicenda con un gesto di conciliazione che però non è mai arrivato: “Io sono venuto da Milano a Ravenna per un processo in cui non chiedo nemmeno i danni. Lui avrebbe potuto fare lo stesso da Lugo, che è qui vicino: invece non lo vedo”.
Il caso evidenzia il delicato equilibrio tra la libertà di espressione artistica e il rispetto della dignità personale. Per Paname, questa condanna rappresenta un ulteriore capitolo giudiziario che si somma a una precedente pena, rafforzando il dibattito su come il linguaggio della musica e dei social media possa trasformarsi in uno strumento di conflitto.