Foggia:”La vita di mio figlio non può valere 12 anni”: il dolore dei genitori di Giuseppe Tucci dopo la sentenza
Nel corridoio del tribunale di Rimini, l’aria è pesante e carica di tensione. Le panche sono occupate dai familiari di Giuseppe Tucci, il vigile del fuoco 34enne ucciso a pugni fuori da una discoteca nel giugno 2023. Le immagini di Giuseppe sorridente, con la divisa da pompiere o sullo sfondo del ponte di Tiberio, sono il simbolo di una vita spezzata troppo presto. Tra i presenti, anche bambini piccoli, stremati dall’attesa, le cui urla e pianti sembrano riflettere la stessa frustrazione che attraversa la famiglia Tucci.
Un’attesa insostenibile
Papà Claudio, distrutto dal dolore, cammina avanti e indietro nel corridoio, sospirando pesantemente. “Non ce la facevo più a sentire, sono dovuto uscire” confida ai giornalisti, mentre aspetta fuori dall’aula dove si sta decidendo il destino di Klajdi Mjeshtri, il buttafuori accusato dell’omicidio di suo figlio. La tensione cresce, palpabile, fino all’ingresso del gup Vinicio Cantarini alle 17 per la lettura della sentenza.
La sentenza: 12 anni di reclusione
Quando il giudice pronuncia la condanna a 12 anni di reclusione, la reazione dei familiari di Giuseppe è immediata e devastante. Mamma Lella scoppia in lacrime, inconsolabile, ripetendo tra i singhiozzi: “La vita di mio figlio non può valere 12 anni”. Le urla dei parenti riempiono l’aula, gridando alla “giustizia tradita” e all’indignazione per una pena considerata troppo lieve. Claudio, il padre di Giuseppe, cerca di consolare la moglie, ma è evidente che anche lui sta lottando per contenere la propria sofferenza.
Il dolore di una famiglia spezzata
“Avere solo 12 anni per un assassino senza pietà è una presa in giro”, dice Claudio, visibilmente provato, tra i singhiozzi. “Noi ci avevamo creduto, confidavamo nella giustizia. Questa sentenza è una pugnalata che ha ucciso non solo nostro figlio, ma anche noi genitori”. Le parole del padre risuonano come un grido di disperazione e rabbia, riflettendo il sentimento di una famiglia che si sente abbandonata dalla giustizia. Per loro, la condanna inflitta a Mjeshtri è inaccettabile, sproporzionata rispetto alla brutalità del crimine.
Un impegno a non fermarsi
Nonostante la delusione, la famiglia Tucci è determinata a non arrendersi. “Non ci fermiamo qui”, dichiarano all’unisono i parenti, decisi a proseguire la battaglia legale. L’idea di un appello è già all’orizzonte, nella speranza che una nuova sentenza possa rendere giustizia a Giuseppe. La loro forza, alimentata dal dolore e dalla volontà di ottenere giustizia, è l’unica certezza in mezzo a un dramma che ha scosso profondamente non solo la loro famiglia, ma l’intera comunità.
Questo caso, per loro, non si chiude qui.