FOGGIA:PENTITI INTEGRALI O PENTITI A METÀ-IL SERVIZIO NAZIONALE DI GESTIONE COLLABORATORI DI GIUSTIZIA
Oggi ai pentiti di mafia, folgorati apparentemente sulla via della giustizia quando gli anni di duro carcere non consentono più il controllo neanche indiretto del territorio e soprattutto la gestione dei flussi finanziari dei traffici illeciti, soprattutto di stupefacenti, lo Stato assicura protezione per sé e per i propri familiari, attraverso programmi gestiti dal Servizio centrale di protezione dei collaboratori di giustizia, come disciplinato dal decreto legge n.8/1991.
Il collaboratore di giustizia, ai sensi dell’art. 9 del decreto legge n. 8 del 1991, è il soggetto organico a un sodalizio criminale che, per ragioni spesso utilitaristiche, decide di dissociarsene fornendo all’Autorità Giudiziaria informazioni utili sulla struttura dell’organizzazione criminale e sui fatti di reato commessi dai suoi affiliati.
Nascono perciò esigenze di tutelare il soggetto da possibili ritorsioni provenienti dallo stesso sodalizio criminale di cui faceva originariamente parte, secondo forme diversificate di protezione da intimidazioni e vendette, che si aggiungono ai benefici penitenziari, in un’ottica premiale del contributo all’accertamento dei reati di mafia.
L’ordinamento delinea una graduazione dei meccanismi di tutela applicabili ai soggetti destinatari della protezione, prevedendo il genus ampio delle speciali misure di protezione, che sono adottabili quando il grave e attuale pericolo determinato dalla condotta di collaborazione non consente misure ordinarie di tutela e che possono attuarsi anche attraverso l’applicazione del programma speciale di protezione.
Il “programma speciale di protezione” che è la più pregnante forma di tutela comporta il trasferimento dell’interessato e di eventuali familiari, in una cosiddetta “località protetta” e, di conseguenza, comporta, oltre che le misure di tutela e di vigilanza, la cosiddetta “mimetizzazione anagrafica” e forme di assistenza economica che assicurino un tenore di vita uguale al precedente.
Per i fratelli mafiosi foggiani pentiti, data la riconosciuta gravità della situazione di mafia del capoluogo della Capitanata e il carattere violento e segreto dell’associazione a delinquere di stampo mafioso con contiguità e inquinamento dell’amministrazione comunale, sicuramente i pentiti detenuti, già dipendenti di strutture sanitarie, saranno stati inseriti nel sistema di protezione speciale, con trasferimento dei nuclei familiari in località segrete con cambio di identità anche per i familiari, che perdono il proprio posto di lavoro pubblico o privato per essere sostenuti dallo Stato economicamente e come protezione integrale nel nuovo luogo di inserimento sociale.
Questo garantisce ai familiari del pentito non solo di evitare ritorsioni e attentati, ma anche di inquinare, anche indirettamente con il rapporto parentale, il luogo di lavoro pubblico o privato in cui operava.
Ad esempio, se il coniuge di un pentito assoggettato ad un regime speciale di protezione del collaboratore di giustizia dovesse continuare a lavorare presso la stessa azienda o attività commerciale o studio, senza cambiare identità e luogo di residenza, potrebbe essere questo un segnale negativo per l’ambiente cittadino in cui il pentito ex detenuto diventato collaboratore di giustizia aveva operato prima del pentimento.
Infatti, attraverso il coniuge rimasto ad operare nello stesso luogo di lavoro, le autorità pubbliche darebbero l’impressione che il pentimento sia finto e che il pentito continui ad esercitare la sua influenza malavitosa attraverso il coniuge, con una posizione rafforzata nella politica mafiosa dal fatto di non essere più in carcere ma in luogo segreto e di possedere le fonti di reddito, fornite dallo Stato per la sua collaborazione, per continuare a controllare attraverso terzi il suo territorio di provenienza mafiosa.
Ecco spiegata l’importanza del servizio di protezione speciale esteso integralmente anche ai familiari di mafiosi foggiani, che garantirà sicuramente, data l’importanza dei pentiti e il loro ruolo di vertice nella società mafiosa, lo scoperchiamento del rapporto deviato tra amministratori pubblici, imprenditori locali e malavita organizzata in forma associativa, che ha bloccato lo sviluppo economico e sociale del territorio non solo della città di Foggia, ma anche di tutta la provincia.