Foggia:La Cassazione conferma la sentenza 12 anni per tentato omicidio
La sentenza è stata chiara Massimo Perdonò cercò di uccidere Giovanni Caterino per vendicare Romito.
La cassazione ha condannato definitivamente Massimo Perdonò confermando quanto era già stato deliberato. 12 anni per tentato omicidio aggravato dalla mafiosità Massimo Perdonò, 45 anni di Foggia, nipote del boss Rocco Moretti al vertice della “Società”. Ricordiamo ai lettori di Youfoggia.com che il 18 febbraio 2018 con due complici fecero un tentato omicidio a Manfredonia Giovanni Caterino, agguato che non andò a buon fine, vendetta del clan Romito per la strage di mafia garganica dell’agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis.
La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli avv. Rosario Marino e Francesco Tagliaferri che chiedevano l’assoluzione e/o un nuovo processo d’appello. Il foggiano è attualmente imputato di mafia, estorsioni, armi e violenza privata in tre maxi-processi a mafia foggiana e garganico. Per l’agguato a Camerino fu condannato a 12 anni dal gup di Bari a gennaio 2021, verdetto confermato dalla corte d’appello di Bari a giugno 2022; per questa vicenda Perdonò, che si dichiara innocente, fu arrestato il 18 febbraio 2019 dalla squadra mobile che gli notificò in cella (era detenuto dal 30 novembre 2018 per mafia e estorsione) l’ordinanza del gip di Bari chiesta dalla Direzione distrettuale ntimafia.
Vendetta per la strage – La sentenza della Suprema corte ha quindi sancito che Perdonò era uno dei tre killer incaricati di uccidere il manfredoniano Giovanni Caterino, e vendicare l’omicidio di Mario Luciano Romito, il capo-clan sipontino ammazzato nella strage del 9 agosto 2017 vicino l’ex stazione di San Marco in Lamis in cui furono assassinati anche il cognato Matteo De Palma che faceva da autista al malavitoso; e i fratelli sammarchesi Luigi e Aurelio Luciani, solo perché potenziali testimoni in quanto transitarono sulla strada Pedegarganica al momento dell’agguato. Il tentativo di uccidere Caterino mai denunciato alle forze dell’ordine (il manfredoniano è stato condannato in primo e secondo grado all’ergastolo quale presunto basista della strage organizzata dal clan Libergolis per eliminare il rivale Mario Luciano Ronito) fallì perché l’auto dei sicari nel tamponare quella della vittima designata rimase bloccata.