La Puglia resta “arancione”. Il nodo “ristori” e le richieste di Regione e Comune di Foggia dichiarate inaccoglibili. Mentre sanzioni, controlli e disciplina continuano ad essere troppo spesso insufficienti
Nel “gioco dei colori” la Puglia è rimasta arancione. Ieri il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha respinto la richiesta avanzata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di trasformare in “zona rossa” le province di Foggia e della BAT. Bocciata dunque tanto l’istanza del Governatore quanto quella che, mediaticamente, aveva avanzato il sindaco di Foggia, Franco Landella. Il secondo facendo riferimento al numero di contagiati sempre più in ascesa e l’affanno del Policlinico Riuniti; il primo sulla base dell’applicazione dei 21 parametri utilizzati dal Ministero per definire il “livello di rischio” alle realtà territoriali di Capitanata e della Sesta provincia pugliese. Una notizia ampiamente nell’aria. Precisamente per le ragioni che avevamo anticipato: l’impossibilità tecnica di formulare una valutazione su scala comunale rispetto ai 21 indicatori stabiliti dal Ministero della Salute, come aveva chiesto a gran voce il primo cittadino del capoluogo dauno. Perché un conto è applicare un algoritmo scientifico, preciso e complesso, su dati “aggregati” di respiro regionale ed un altro è fare lo stesso per migliaia di Comuni, piccoli e grandi. Peraltro con tempistiche che devono essere strettissime per conferire validità ed attendibilità alle informazioni. A questo va poi aggiunto l’arco di tempo scelto dal Ministero per verificare la “colorazione” delle singole Regioni, che è “tarato” su base quindicinale. Motivo per il quale è solo al termine di questa finestra temporale che, ove ve ne siano le condizioni, sarà possibile correggere le decisioni. Insomma, tutto resta invariato. Evidentemente la proposta avanzata dalla Regione era dettata non soltanto dall’esigenza di un contenimento del dilagare del contagio, ma soprattutto dai timori per la tenuta del tessuto economico. Dal momento che è solo attraverso il pronunciamento del Ministero che, a fronte di un inasprimento delle misure restrittive, è possibile attivare forme di “ristoro” per aziende ed esercizi commerciali ricadenti nelle cosiddette “zone rosse”. Ieri il Governo ha dato il proprio via libera al decreto “Ristori ter”, pare però confermando questo criterio, dunque senza stabilire un fondo specifico per le “zone rosse” istituite autonomamente dalle Regioni. Su questo fronte è al lavoro il Ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che aveva avanzato l’ipotesi di costituire una sorta di “fondo speciale” da 500 milioni di euro proprio per venire incontro a questa necessità. Tanto più alla luce della volontà della Regione Puglia di procedere comunque da sola sulla strada della definizione infraregionale di aree in cui applicare divieti e restrizioni di ulteriore rigidità. Si resta quindi in attesa di capire se e quando questo iter possa vedere la luce e come, eventualmente, sarà possibile trovare un’intesa con il Governo nell’ambito delle compensazioni di natura finanziaria. Intanto, però, sul territorio provinciale a macchia di leopardo i sindaci hanno già cominciato a far da sé. Mentre a Foggia le indicazioni restano assolutamente coerenti con l’ultimo Dpcm, a San Severo il primo cittadino Francesco Miglio ha firmato ieri l’Ordinanza con la quale vieta ogni spostamento all’interno del territorio comunale a partire dalle 20.45, di fatto inaugurando un vero e proprio “coprifuoco”. La situazione, infatti, resta di straordinaria gravità. Se la curva dei contagi su scala nazionale si sarebbe avviata verso una stabilizzazione – nonostante i numeri rimangano altissimi, anche in termini di decessi – in Capitanata la pressione sulle strutture ospedaliere continua a crescere a ritmi serratissimi. Il Policlinico Riuniti è costantemente impegnato in una progressiva e quasi quotidiana riorganizzazione interna di reparti e percorsi finalizzata a gestire una situazione drammatica, mentre la medicina territoriale mostra ancora limiti e difficoltà estremamente seri. Deficienze, anche per ciò che riguarda la precisione nel tracciamento, che non permettono una efficace gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid, di conseguenza impedendo un alleggerimento della pressione sul Pronto Soccorso e, più in generale, sulle strutture ospedaliere. L’accordo firmato in queste ore dalla Regione Puglia con i Medici di Medicina Generale potrebbe aiutare il sistema a tamponare, nei limiti del possibile, l’onda d’urto. Ma la sensazione è che pure questa opzione sia stata valutata e varata con ritardo rispetto ad un impatto che poteva e doveva essere ampiamente previsto. Aspettando che queste decisioni producano i loro effetti, resta infine ancora aperta la grande questione dei controlli e delle sanzioni nei confronti di chi disattente il divieto di assembramento e l’obbligo di indossare correttamente i dispositivi di protezione individuale. Il presidio della città capoluogo da parte di tutte le articolazioni dello Stato – dalla Polizia Locale alle Forze dell’Ordine – non appare all’altezza delle necessità. Ed anche in aree dichiarate “off-limits” la popolazione mostra un grado di disciplina e di prudenza troppo spesso insufficiente. Un problema estremamente serio in un quadro come quello descritto. Vale la pena ribadirlo nuovamente: senza controlli, sanzioni e disciplina, e con un sistema sanitario sull’uscio del collasso, il baratro è dietro l’angolo.