Dopo 30 anni la Capitanata torna alla vicepresidenza della Regione. L’ascesa di Raffaele Piemontese, il ragazzo della “vecchia scuola” diventato leader con talento ed opportunismo politico
Era dal 1990, precisamente dai tempi della Giunta regionale guidata da Michele Bellomo, che la provincia di Foggia non esprimeva un vicepresidente della Regione Puglia. Allora a ricevere quella delega fu l’esponente del Psdi Giuseppe Affatato. Altri tempi, altra politica, altri partiti. C’era la “prima Repubblica” ed i presidenti delle Regioni non erano ancora eletti in modo diretto dai cittadini. Oggi, a 30 anni di distanza, la Capitanata torna ad occupare quella casella. A scrivere il suo nome nella storia della politica provinciale e regionale è Raffaele Piemontese, assessore al bilancio uscente e ormai leader incontrastato del Partito Democratico.
Una storia, quella di Piemontese, tutta dentro un percorso da “vecchia scuola”, nonostante i suoi 39 anni: consigliere comunale, segretario cittadino dei Democratici di Sinistra, capogruppo al Comune di Foggia, segretario provinciale del Ds prima e del PD poi, presidente del Consiglio comunale, consigliere regionale, assessore regionale al Bilancio e candidato in assoluto più votato della provincia di Foggia alle ultime regionali con 21.518 preferenze (cinque anni prima ne aveva totalizzate 11.339, risultando anche in quell’occasione il più suffragato di Capitanata).
Un’ascesa lenta ma costante, che ha tenuto insieme politica e amministrazione, istituzioni e partito. Anche i suoi avversari politici difficilmente possono negarne capacità e talento.
Il riconoscimento tributatogli da Michele Emiliano, dunque, è apparso doveroso e quasi scontato. Il suo lavoro, che ha portato in una legislatura alla causa del centrosinistra tantissime Amministrazioni comunali del territorio, è stato svolto quasi con funzione di “sentinella” del presidente della Regione. Non soltanto in termini di “distribuzione” di finanziamenti, ma anche di “presidio” politico, tessendo reti di relazioni, interlocuzioni, costruendo “ponti” in una porzione della Puglia che aveva sempre guardato a destra e al centrodestra. Un’impresa non facile, affrontata da Piemontese con la “complicità” delle deleghe al Bilancio, alle Politiche Giovanili, allo Sport e alla Programmazione, che gli hanno permesso di poter accogliere richieste e mostrare l’attenzione della Regione – da queste parti considerata per tradizione “matrigna” e baricentrica – verso le comunità di Capitanata. Non a caso la sua campagna elettorale è stata costruita e sviluppata sui “numeri” (“Serve il cuore, contano i fatti”, il claim scelto l’attività di propaganda) con incursioni mediatiche tutte protese a rivendicare risultati e dimostrare promesse mantenute. “Marchette elettorali” per alcuni, segnali di serietà politica ed istituzionale per altri.
È stato lui, prima ancora che Emiliano, ad incrociare pubblicamente i guantoni – dalla vicenda “Gino Lisa” al presunto abbandono dell’area del Gargano – con il candidato presidente del centrodestra Raffaele Fitto, in una dimostrazione di ruolo e peso evidenti.
Naturalmente la sua lunga marcia non è stata esente da errori, scivoloni, cinismo politicista. Piemontese ha saputo trasformarsi rapidamente da dalemiano di ferro a renziano convinto (con il sostegno al referendum costituzionale che segnò il tracollo dell’ex sindaco di Firenze); da seguace del “rottamatore” a solido alleato del Governatore della Puglia, acerrimo nemico dell’allora presidente del Consiglio dei Ministri. Una navigazione tutt’altro che sprovvista di cambi di rotta repentini e contradditori, bollati spesso – e forse non a torto – come esercizio di bieco opportunismo. La “vecchia scuola” a cui Piemontese è cresciuto ed in cui si è formato, però, ha insegnato che la tattica costituisce un elemento fondamentale nelle carriere politiche. E a lui va riconosciuto di averla consumata sempre all’interno dello stesso partito, senza mai cambiare casacca.
La sua nomina a vicepresidente della Regione Puglia è un premio che ne qualifica il percorso ma che determina necessariamente anche una crescita delle responsabilità nei confronti del nostro territorio, che probabilmente proprio in virtù di questa “promozione” ha visto ridursi ad un solo assessore la propria rappresentanza nella nuova Giunta regionale (prima della rottura tra Michele Emiliano e Leonardo Di Gioia erano due gli esponenti della Capitanata presenti nell’esecutivo).
La vicepresidenza, come si sa, è incarico più politico che operativo. Ma proprio per questo, da qui in avanti, assegna all’operato di Piemontese un supplemento di aspettative in termini di difesa dei bisogni e delle necessità di una provincia che continua, nonostante tutto, a vivere una condizione di arretratezza importante e, per molti versi, drammatica. E che la pandemia sta rendendo ancora più cupa.
Raffaele Piemontese riparte con in tasca le deleghe al Bilancio, allo Sport, alla Programmazione; perde quella alle Politiche Giovanili ed acquisisce quelle alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici. Insomma, una faretra potenzialmente colma di frecce. Sempre che, strada facendo, la tentazione di aggiungere un seggio parlamentare al suo lungo curriculum non lo convinca a lasciare vicepresidenza ed assessorato regionali per traslocare a Roma.