Duro colpo alla “Società”: la mafia foggiana tentava di confederarsi con le altre organizzazioni criminali del territorio
La “Società foggiana”, la mafia del capoluogo dauno, si sta evolvendo: sta superando le divisioni interne tra le “batterie” che prima si contendevano il controllo delle attività criminali del territorio e sta puntando a creare una sorta di federazione con le altre realtà malavitose della Capitanata, come la criminalità cerignolana o la “mafia del Gargano”. Questo dato preoccupante è emerso dalle indagini dell’operazione “Decimabis”, che ha portato all’emissione di 40 provvedimenti cautelari eseguiti questa notte e alle prime luci dell’alba dai Carabinieri del Comando provinciale di Foggia e dagli agenti della Questura di Foggia con il coordinamento della DDA nazionale, della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e della Procura della Repubblica di Foggia. I risultati sono stati illustrati nel dettaglio durante una lunga conferenza stampa online (in tempi di Covid), moderata da Francesco Giannella, procuratore aggiunto della DDA di Bari, con la partecipazione di Federico Cafiero de Raho, Procuratore Nazionale Antimafia; Fausto Lamparelli, Direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato; di Giuseppe Gatti, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari applicato a questa indagine; di Ludovico Vaccaro, Procuratore Capo del Tribunale di Foggia; di alcuni dei magistrati che hanno contribuito in maniera determinante all’indagine (altri erano impegnati in udienze), Roberto Rossi, Federico Perrone Capano, Rossella Pensa e Bruna Manganelli; di Paolo Sirna, Questore di Foggia e del col. Nicola Lorenzon, comandante provinciale dei Carabinieri di Foggia. Il dottor Gatti ha sottolineato la novità della concordia operativa delle tre “batterie” della mala foggiana. In passato si erano spesso combattute, anche con grande spargimento di sangue da una parte e dall’altra. Da qualche tempo, però, sul modello della “‘Ndrangheta” calabrese, era stato scelto un “modello consociativo”, con la costituzione di una “cupola” -formata da un rappresentante per ciascuna delle famiglie- che prendeva decisioni collegiali sulla gestione del crimine a Foggia. Le intercettazioni hanno anche rivelato una maggiore interlocuzione con gli altri gruppi criminali della provincia, con l’ambizioso tentativo di formare una specie di “confederazione” malavitosa che avrebbe trasformato la “Società” da “mafia di Foggia” a “mafia della provincia di Foggia”. Un percorso sventato proprio grazie a “Decimabis”. Tutti sono stati concordi sulla fondamentale importanza dell’operazione che non solo serve a dare un nuovo, pesante, duro colpo –dopo quello dell’operazione “Decima Azione”- all’attività economica dell’organizzazione ma anche a demolire l’immagine di impunità che la “Società” tendeva ad affermare. “Già con la precedente indagine, abbiamo tolto dalla circolazione molti vertici ma anche molti esecutori –ha detto il sostituto procuratore Gatti- per cui c’era meno gente a riscuotere il pizzo e sono diminuiti gli introiti derivati dalle attività estorsive”. Ma, soprattutto, si dimostra l’infondatezza del presunto ruolo di “autorevolezza” e quasi di sostituzione delle istituzioni statali, che la malavita organizzata foggiana voleva recitare sul territorio. Nel corso delle intercettazioni, era emerso che addirittura molti imprenditori o anche semplici cittadini si rivolgevano ai clan per ottenere riscossione di debiti, restituzioni di auto rubate, o “sconti” sulle quote delle estorsioni, senza, ovviamente, denunciare i reati dei quali erano vittime. Un’altra caratteristica emersa dalle intercettazioni è stata quella della violenza con la quale venivano avanzate le minacce, sia implicite che esplicite, alle vittime delle estorsioni, attraverso veri e propri pestaggi o con intimidazioni riferite ai familiari degli imprenditori colpiti o ancora con gli attentati compiuti mediante ordigni esplosivi e incendiari. Un appello forte proprio a cittadini e imprenditori a denunciare i reati è venuto dai protagonisti della conferenza stampa di oggi: gli entusiasmanti risultati dell’operazione “Decimabis” confermano la presenza dello Stato, l’efficacia delle azioni di contrasto alla criminalità e, soprattutto, il fermo intento di Magistratura e forze dell’ordine di difendere la sicurezza e l’incolumità delle vittime, dei loro familiari e delle loro proprietà. Il Procuratore Antimafia Cafiero si è detto felice dell’esito di “Decimabis”, perché costituisce una decisiva risposta a quella che lo Stato considera un’emergenza: la mafia foggiana. Ha ricordato i 300 fatti di sangue che hanno caratterizzato l’esistenza di questa realtà criminale dal 1978 e sottolineato la paura e la fiducia che finora avevano caratterizzato vittime e cittadini nell’efficacia delle istituzioni, tradotta in scarsità di denunce e scarsità di pentiti da oltre un decennio a questa parte. L’allarme focalizzato sul foggiano dopo il quadruplice omicidio sul Gargano del 9 agosto 2017 -ha proseguito Cafiero- ha dato vita ad una dura risposta dello Stato, articolata in 60 operazioni antimafia, 400 arresti, sequestri per oltre 30 milioni di euro, 67 misure interdittive antimafia che hanno colpito le infiltrazioni mafiose nel mondo di istituzioni e imprenditoria. Una replica che ha gradualmente indebolito le famiglie malavitose sul territorio. Con tutti questi risultati positivi, la situazione deve decisamente cambiare e la società civile foggiana –ha detto Cafiero- deve confermare la decisa lotta alla cultura dell’illegalità che ha simbolicamente avviato nel gennaio scorso con la manifestazione organizzata da “Libera” nel capoluogo, alla quale parteciparono migliaia di cittadini, un centinaio di associazioni e molte vittime dei reati mafiosi. Sotto questo profilo, sia i magistrati presenti che i vertici delle locali forze dell’ordine hanno confermato un graduale aumento dei cittadini che sporgono denuncia e dei collaboratori di giustizia: le dichiarazioni di tre “pentiti”, originariamente appartenenti alla “Società foggiana”, sono state molto importanti per l’operazione messa a segno stamane.
L’OPERAZIONE. Questa notte, a Foggia ed in altre 15 province del territorio nazionale, gli investigatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, nell’ambito dell’operazione denominata “Decimabis”, hanno dato esecuzione a un provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Bari su richiesta di un pool di magistrati della Procura Nazionale Antimafia, della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e della Procura della Repubblica di Foggia nei confronti di 40 indagati, ritenuti appartenenti o contigui all’organizzazione mafiosa “Società foggiana” e ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta e traffico di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso. “Decimabis” è la prosecuzione della “Decima Azione”, eseguita nel novembre 2018, sempre a Foggia, e rappresenta anche la risposta ai violenti attentati compiuti in città all’inizio dell’anno. Le indagini hanno permesso di ricostruire le attuali dinamiche organizzative e le specifiche attività criminali delle tre batterie che compongono la Società foggiana: “Moretti-Pellegrino-Lanza”, “Sinesi-Francavilla” e “Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe”, da tempo impegnate in una sanguinosa guerra di mafia per il controllo degli affari illeciti ma, più di recente, unite in un patto criminale per gestire in comune le attività criminali. I clan, come si legge nel comunicato, hanno realizzato “una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice regolativo predefinito e condiviso, significativamente denominato come il ‘Sistema’ oltre a costituire una ‘cassa comune’ che serviva al pagamento degli ‘stipendi’ dei consociati e al mantenimento dei detenuti e dei loro familiari”. È stata rivelata la pressione esercitata dalla “Società”, attraverso le estorsioni, sul tessuto economico della città: dal mercato settimanale cittadino al settore edilizio, dalle imprese di servizi funebri, alle sale scommesse ed alle aziende attive nel movimento terra, dall’agroalimentare alle corse ippiche. Hanno destato allarme, poi, i tentativi di infiltrazione e condizionamento nel settore delle aste pubbliche, dei servizi di vigilanza e nella pubblica amministrazione, nonché “i rapporti e le interlocuzioni attivati con esponenti importanti del mondo imprenditoriale locale sottoposti all’assoggettamento mafioso”. Importante, ai fini del successo delle indagini, il ritrovamento -meno di un anno fa- di due liste stilate dall’organizzazione malavitosa: una con i nomi degli imprenditori foggiani ancora sotto estorsione -solo in pochi casi gli imprenditori elencati avevano denunciato il fatto- e l’altra che indicava i componenti delle batterie che ricevevano lo “stipendio” mensile commisurato all’importanza dell’attività criminale svolta. Quest’ultimo documento è stato fondamentale per contestare a molte delle persone arrestate il reato di associazione previsto all’art 416 bis.
I NOMI DELLE PERSONE SOTTOPOSTE A MISURE CAUTELARI. Tra gli arrestati di questa notte, due dei boss più importanti della “Società”, Pasquale Moretti, che era tornato in libertà da pochi mesi ed è figlio del capoclan Rocco, e Federico Trisciuoglio, ritenuto capo storico della malavita foggiana, già detenuto ai domiciliari.
Federico Trisciuoglio, nato a Foggia il 20.10.1953
Felice Direse, nato a Foggia il 20.11. 1969
Gioacchino Frascolla, nato a Foggia il 20.04.1985
Antonio Riccardo Augusto Frascolla, nato Foggia il 17.02.1990
Raffaele Palumbo, nato a Foggia il 23.01.1984
Antonio Verderosa, nato a Foggia il 26.05.1968
Marco Gelormini, nato a Foggia il 10.04.1986
Ivan Narciso, nato a Foggia l’8.06.1990
Michele Carosiello, nato a Cerignola il 30.08.1980
Giuseppe Perdonò, nato a Foggia l’1.02.1988
Massimiliano Russo, nato a Foggia l’11.06.1975
Michele Cannone, nato a Foggia il 22.09.1970
Marco Salvatore Consalvo, nato a Foggia il 16.08.1975
Michele Morelli, nato a Foggia l’8.06.1989
Savino Ariostini, nato a Foggia l’1.04.1969
Alessandro Aprile, nato a Foggia il 27/02/1984
Francesco Tizzano, nato a Foggia il 20.01.1972
Antonio Salvatore, nato a Foggia il 26/02/1991
Francesco Pesante, nato a Foggia il 4/01/1988
Ivan Emilio D’Amato, nato a Foggia l’11/07/1973
Massimo Perdonò,·nato a ·Foggia l’11/09/1977
Ernesto Gatta, nato a Foggia il 2.06.1974
Giuseppe De Stefano, nato a Foggia l’1.03.1982
Antonio Vincenzo Pellegrino, detto ‘Capantica’, nato a Foggia il 13.06.1952
Antonio Miranda, nato a Foggia il 5.09.195
Tommaso Alessandro D’Angelo, nato a Foggia il 18.08.1985
Domenico Valentini, nato a Foggia il 15.08.1972
Rocco Moretti nato a Foggia il 29.05.1997
Nicola Valletta nato a Cerignola il 3.07.1986
Leonardo Gesualdo, nato a Foggia il 28.06.1986
Pietro Stramacchio, nato a Foggia il 6.09.1976
Pasquale Moretti, nato a Foggia l’11.05.1977
Benito Palumbo, nato a Foggia il 5.08.1987
Mario Clemente, nato a Foggia il 12.08.1980
Adelio Pio Nardella, nato a Foggia il 29.02.1966
Sergio Ragno, nato a Foggia il 29.05.1977
Ciro Stanchi, nato a Foggia il 14.12.1973
Giovanni Rollo, nato a Foggia il 18.08.1987
Oltre a queste custodie in carcere, è stata anche disposta la misura degli arresti domiciliari a carico di Marco D’Adduzio, nato a Foggia il 21.09.1968
PARTICOLARITA’. Una parte importante dell’indagine ha riguardato il fenomeno dell’usura ai danni di commercianti in difficoltà, aggravato, ovviamente, negli ultimi mesi, dalla emergenza della pandemia da Covid-19. I problemi dell’economia hanno spinto molti piccoli esercenti a ricorrere a prestiti ad usura da parte della malavita che applicava tassi così alti da costringere, alla fine, le vittime –non prima di minacce e atti di violenza per la restituzione del denaro- addirittura a cedere le attività. In tutti questi casi, al reato di usura si è aggiunto quello di estorsione. Tra gli arrestati, anche un imprenditore locale, attivo nel settore dell’edilizia, indagato per turbativa d’asta. È emerso pure un buon numero di interventi dei clan sui fantini che sarebbero stati indotti a truccare l’esito di molte corse, per trarre guadagni illeciti dalle scommesse sportive. La “Società” aveva “messo le mani” anche sulla truffa degli esami per patenti truccati. È emerso un sistema attraverso cui alcune guardie giurate in servizio presso la Motorizzazione Civile si facevano pagare per garantire l’esito positivo dei test. I malavitosi non solo chiedevano ai “vigilantes” il pizzo su questo introito, ma li avevano anche rimproverati perché si trattava di un reato e l’“esclusiva” sugli illeciti doveva rimanere alla organizzazione mafiosa, mentre la guardiania doveva restare una attività “pulita”. I magistrati hanno tenuto a specificare che il personale della Motorizzazione Civile non è coinvolto nell’indagine e che, anzi, quando avevano notato qualche episodio strano, gli ingegneri responsabili degli esami di patente avevano fatto installare telecamere a circuito chiuso che avevano messo in difficoltà gli organizzatori della truffa. Sul ruolo del dipendente comunale, poi, è risultato dalle indagini che un esponente di spicco della “Società” aveva libero accesso all’Ufficio Decessi e riceveva l’elenco giornaliero dei defunti e delle ditte che si erano occupate del servizio funebre, per consentire alla malavita di tenere una “contabilità” e poter riscuotere la tangente pretesa. In questo settore, la malavita foggiana era passata da un “forfait” di 500 euro al mese da ciascuna agenzia, ad una “tariffa” di 50 euro a defunto, per cui aveva bisogno di un riferimento preciso sul numero quotidiano dei morti per calcolare quanto chiedere. Non essendo risultato “organico” all’organizzazione malavitosa, ma avendo partecipato in modo importante alle attività criminali, al dipendente non è stato contestato il reato di associazione mafiosa ma di “concorso esterno”.