Padre Moscone: «Gaza è un campo di concentramento. Mi vergogno dell’Europa del riarmo»
Il vescovo ha partecipato a una manifestazione per la pace a Bari: parole dure su Palestina, Unione Europea e militarizzazione.
«Dal 1947, la Striscia di Gaza e la Palestina sono un campo di concentramento a cielo aperto». Parole forti, pronunciate con fermezza e indignazione da monsignor Franco Moscone, vescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, durante una manifestazione per la pace svoltasi a Bari. Il contesto è quello del crescente conflitto in Medio Oriente, ma anche della tensione politica in Europa, dove il ritorno alla corsa agli armamenti sta sollevando sempre più critiche.

“Una strage mondiale sotto gli occhi di tutti”
Padre Moscone ha usato toni netti per descrivere la situazione in Palestina, definendola «un’autentica strage a livello mondiale». La sua riflessione si è fatta ancora più amara nel confronto con la storia: «Ciò che mi colpisce profondamente è che dietro questo campo di concentramento ci sia quel popolo che, fino alla fine della Seconda guerra mondiale, ha subìto sulla propria pelle l’orrore di tali atrocità». Un’affermazione che, pur con il rispetto dovuto alla tragedia dell’Olocausto, richiama alla responsabilità etica e storica di chi oggi ha un ruolo centrale nel conflitto israelo-palestinese.
Critiche all’Europa e al riarmo
Il vescovo ha riservato parole durissime anche all’Unione Europea, colpevole – secondo lui – di tradire il suo spirito originario: «Quando giravo il mondo per le missioni, non dicevo che ero italiano o piemontese. Dicevo che ero cittadino europeo. Dopo l’ultimo atto del Parlamento, con il ritorno al riarmo, mi vergogno di essere europeo. Questa non è l’Europa dei padri fondatori. L’Europa doveva essere per la pace, non per il riarmo e la guerra».
Un riferimento chiaro alle recenti decisioni europee che, nel contesto dell’instabilità globale e del conflitto in Ucraina, stanno spingendo verso una nuova corsa agli armamenti, in contrasto con le promesse di costruzione della pace che animarono i primi passi del progetto europeo.
La denuncia del “kit per la guerra”
Non è mancata una stoccata simbolica ma potente contro la retorica militarista: «Quando ho visto il kit per la guerra – ha detto Moscone – ma diamo i numeri? Questa è una buffonata e allo stesso tempo una presa in giro della ragione. Basta quel kit per risolvere i problemi di guerra?». Una critica che evidenzia lo scollamento tra soluzioni semplicistiche e la drammaticità delle crisi globali, dal Medio Oriente all’Est Europa.
Un vescovo fuori dal coro
Padre Moscone si conferma una voce fuori dal coro nel panorama ecclesiale italiano: diretto, appassionato, non nuovo a interventi scomodi. Le sue parole sono rimbalzate rapidamente sui social e tra gli ambienti pacifisti, dividendo l’opinione pubblica tra chi le considera un necessario richiamo alla coscienza collettiva e chi le giudica eccessive o inappropriate.
In un tempo in cui la guerra torna a occupare lo spazio pubblico e politico, la sua è una testimonianza che fa rumore. Ma soprattutto pone una domanda urgente: siamo davvero disposti a costruire la pace o stiamo solo imparando a convivere con l’idea della guerra?