Bari:Il Caso Amiu Infiltrazioni Criminali e la Risposta dello Stato
Un episodio di oltre tredici anni fa, tornato alla ribalta grazie alle indagini della Prefettura di Bari, ha riportato sotto i riflettori il rapporto tra la criminalità organizzata e l’azienda di gestione rifiuti del capoluogo pugliese, l’Amiu.
Nel settembre 2011, pochi giorni dopo l’omicidio di Cesare Diomede, alcuni dipendenti della municipalizzata avrebbero portato la sua bara all’interno della sede aziendale, affermando: «Questa è l’azienda nostra». Un gesto che, secondo le ricostruzioni investigative, rappresenterebbe un chiaro segnale di controllo da parte della criminalità organizzata. Cesare, figlio di Biagio Diomede, esponente di spicco della mala barese negli anni Ottanta, era stato ucciso il 28 agosto 2011 a colpi di pistola nel quartiere Carrassi.
Le rivelazioni su questo episodio, emerse dai verbali di un collaboratore di giustizia e già segnalate all’epoca dall’allora sindaco Michele Emiliano, sono ora alla base del provvedimento che il prefetto di Bari, Francesco Russo, dovrà adottare nei confronti di Amiu.
L’Intervento della Prefettura: Tutoraggio e Controlli Antimafia
L’indagine condotta dal Gruppo Interforze Antimafia (GIA) – composto da Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia – ha portato alla decisione di attuare la prevenzione collaborativa, prevista dall’articolo 94-bis del Codice Antimafia. Questo strumento, che non prevede lo scioglimento della società, comporta l’insediamento di una terna di esperti incaricati di garantire il risanamento dell’azienda attraverso un tutoraggio.
Gli esperti avranno il compito di monitorare:
- Le operazioni aziendali
- Gli incarichi professionali
- Gli atti di gestione
Dopo un anno, il prefetto valuterà se Amiu potrà dirsi risanata o se, al contrario, dovrà essere emessa un’interdittiva antimafia, con conseguenze potenzialmente gravi per la società.
Le Conseguenze dell’Operazione “Codice Interno”
L’ispezione antimafia su Amiu rientra nel più ampio contesto delle indagini avviate dopo l’operazione “Codice Interno”, che ha svelato rapporti tra la criminalità e alcune istituzioni locali. Tuttavia, al termine di sei mesi di verifiche, non sono emerse prove tali da giustificare lo scioglimento del Comune di Bari.
Nonostante ciò, sono stati individuati diversi elementi di criticità, tra cui:
- Possibili infiltrazioni mafiose nei processi di assunzione
- Contiguità tra alcuni dipendenti pubblici e la criminalità organizzata
- Il sospetto di irregolarità nella gestione di altre municipalizzate, come Bari Multiservizi
Proprio per queste ragioni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi riferirà in Parlamento sull’esito dell’ispezione, rispondendo alla richiesta avanzata dal vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, Mauro D’Attis (FI).
Un Segnale Forte Contro le Infiltrazioni Criminali
L’inchiesta sull’Amiu dimostra ancora una volta come la criminalità organizzata tenti di inserirsi nei settori chiave della gestione pubblica, in particolare nei servizi essenziali come quello della raccolta rifiuti. La decisione della Prefettura rappresenta un chiaro segnale di contrasto a questi fenomeni, confermando la volontà dello Stato di vigilare e intervenire per garantire trasparenza e legalità nelle aziende pubbliche.
Il prossimo anno sarà decisivo per il futuro di Amiu: se le misure di risanamento non saranno ritenute sufficienti, l’azienda potrebbe subire provvedimenti ancora più severi. Nel frattempo, resta alta l’attenzione sulle dinamiche mafiose che, nonostante il tempo trascorso, continuano a influenzare il tessuto economico e sociale del territorio barese.