Scioglimenti per mafia: arbitrarietà e disparità di trattamento? Il caso Foggia-Bari

Le recenti dichiarazioni di Franco Landella, ex sindaco di Foggia, aprono un dibattito scottante sulla gestione degli scioglimenti dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose da parte del Ministero dell’Interno. Le sue considerazioni, espresse con amarezza, riflettono la percezione di un trattamento differenziato tra comuni, una disparità che oggi si fa più evidente alla luce della situazione di Bari.

Due pesi e due misure?

Mentre a Bari il sole splende – come sottolineato con enfasi dal sindaco Antonio Decaro – a Foggia il clima è ben diverso, non solo meteorologicamente. Qui, l’amministrazione comunale è stata sciolta per mafia nel 2021, una decisione che ancora oggi lascia strascichi e interrogativi. Landella, assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e non toccato da inchieste per mafia, denuncia l’ingiustizia subita: il suo Comune è stato commissariato senza che gli atti della sua amministrazione venissero annullati, segno – a suo dire – che non vi fossero irregolarità tali da giustificare una misura così drastica.

La domanda sorge spontanea: perché alcuni Comuni vengono sciolti con accuse meno gravi, mentre altri, nonostante inchieste e arresti, restano in piedi? Il caso di Bari riporta alla luce una questione già sollevata in passato: l’assenza di criteri chiari e univoci con cui il Viminale decide di commissariare le amministrazioni locali.

Un’arma politica?

Secondo Landella, il rischio è che lo scioglimento per mafia diventi uno strumento politico, utilizzato per eliminare avversari scomodi. Il riferimento al governo PD-M5S che ha commissariato Foggia non è casuale: l’ex sindaco di centrodestra vede nella decisione un atto politico più che una reale necessità amministrativa. Se la legge sullo scioglimento è nata con l’obiettivo di proteggere le istituzioni dalle infiltrazioni criminali, oggi, secondo molti osservatori, si è trasformata in un’arma a doppio taglio, che rischia di colpire anche chi con la mafia non ha nulla a che fare.

La necessità di una riforma

Il dibattito che si riapre con il caso Bari evidenzia la necessità di un intervento legislativo. La normativa attuale, infatti, lascia ampi margini di discrezionalità nelle mani del Ministero dell’Interno, con il risultato che decisioni cruciali per il futuro di intere comunità vengono prese senza un chiaro metro di giudizio.

Per evitare che la legge diventi strumento di lotta politica o di ingiustizia sociale, servono criteri più oggettivi, trasparenti e applicabili in modo uniforme. Il rischio, altrimenti, è quello di generare una profonda sfiducia nei cittadini, i quali vedono le proprie amministrazioni cadere senza che vi sia una chiara dimostrazione di colpevolezza.

Oggi Bari festeggia, mentre Foggia continua a interrogarsi. La pioggia e il freddo che avvolgono la città sono la metafora di uno stato d’animo diffuso tra i suoi abitanti, che si sentono ingiustamente penalizzati rispetto ad altre realtà. Landella si dice certo che la verità emergerà e che la primavera tornerà anche su Foggia. Ma fino a quando non ci sarà una riforma della legge sugli scioglimenti, il rischio di discrezionalità e disparità di trattamento continuerà a pesare come un’ombra sulle amministrazioni locali italiane.

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