Scontro in Parlamento sul “Pacchetto Sicurezza”: polemiche sull’ampliamento dei poteri dei Servizi segreti
ROMA – Si accende lo scontro politico sul controverso “Pacchetto Sicurezza”, recentemente approvato dalla Camera dei Deputati e ora al vaglio del Senato. Al centro delle polemiche l’articolo 31 del disegno di legge, che prevede un significativo ampliamento dei poteri attribuiti ai Servizi segreti italiani, sollevando forti preoccupazioni da parte delle opposizioni riguardo alla tenuta democratica del Paese.
L’ampliamento dei poteri dell’intelligence
La nuova norma autorizza gli operatori di AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) e AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) non solo a infiltrarsi in organizzazioni criminali e terroristiche, ma anche a dirigerle, legittimando così reati gravissimi come associazione sovversiva, terrorismo e banda armata. Secondo il Dossier del Servizio Studi del Senato, gli 007 potranno assumere ruoli di comando in gruppi eversivi, detenere esplosivi e compiere azioni che, in altri contesti, sarebbero penalmente rilevanti.
Queste disposizioni, già presenti in via transitoria dal 2015, diventerebbero ora permanenti, estendendo la protezione giuridica degli agenti segreti e introducendo l’uso di identità di copertura anche nei procedimenti penali.
Le preoccupazioni delle opposizioni e del COPASIR
Le opposizioni, guidate dal Movimento 5 Stelle, denunciano una deriva pericolosa. Marco Pellegrini, membro del COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), ha espresso forti perplessità: «Questo provvedimento rappresenta una minaccia alla democrazia. Chiederemo l’abrogazione dell’articolo 31 e sottoporremo la questione al Presidente della Repubblica».
Preoccupa soprattutto l’assenza di un corrispondente rafforzamento dei poteri di controllo del COPASIR, organismo deputato a vigilare sull’operato dei Servizi segreti. Secondo Pellegrini, l’ampliamento delle competenze senza un adeguato monitoraggio rischia di creare una zona d’ombra in cui abusi e deviazioni potrebbero proliferare.
La difesa del governo
A difendere il provvedimento è il sottosegretario Alfredo Mantovano, delegato ai Servizi segreti, che ha sottolineato la necessità di misure straordinarie per contrastare minacce complesse: «Per acquisire informazioni cruciali, è indispensabile che gli agenti guadagnino la fiducia dei sodali, fino a ricoprire ruoli dirigenziali nelle organizzazioni criminali». Secondo Mantovano, questa è l’unica strada per prevenire attentati e minacce alla sicurezza nazionale.
Collaborazione obbligatoria e privacy a rischio
Un altro aspetto critico riguarda l’obbligo per enti pubblici, università, aziende statali e concessionarie di servizi pubblici di collaborare con i Servizi segreti, anche derogando alle normative sulla privacy. Le opposizioni temono che questa disposizione possa portare a una sorveglianza estesa e incontrollata, mettendo a rischio i diritti fondamentali dei cittadini. «Si rischia di trasformare la pubblica amministrazione in una gigantesca macchina di controllo», denunciano gli esponenti del M5S.
Il rischio di una “Strategia della tensione” 2.0?
Alcuni osservatori temono che il provvedimento possa rievocare scenari oscuri della storia italiana, come quelli legati alla “Strategia della tensione” e ai depistaggi negli attentati mafiosi degli anni ‘90. L’idea che agenti dei Servizi possano agire in modo coperto, con licenza di compiere reati gravi, apre interrogativi inquietanti sul possibile uso distorto di questi poteri.
Conclusioni e prospettive
Il dibattito sul “Pacchetto Sicurezza” evidenzia una frattura profonda tra maggioranza e opposizione. Da un lato, il governo rivendica la necessità di strumenti straordinari per combattere minacce emergenti. Dall’altro, le opposizioni chiedono garanzie per evitare abusi e difendere la democrazia. Con il voto del Senato ormai imminente, la partita resta aperta, e l’esito potrebbe avere ripercussioni profonde sul rapporto tra sicurezza e libertà nel nostro Paese.