Vieste(FG):Mafia Garganica il sistema di connivenze che mina la lotta alla criminalità

Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali condotte dagli inquirenti emerge un quadro inquietante: esponenti delle forze dell’ordine, sia in servizio che in pensione, collaboravano con la mafia Garganica. Questo scenario, che sembra uscito da un romanzo noir, evidenzia il ruolo di “talpe” interne che, tradendo il proprio dovere, fornivano informazioni riservate o si prestavano a fare da congiunzione alla criminalità organizzata, favorendo così i suoi affari e ostacolando le indagini.

Le rivelazioni delle indagini

Secondo quanto riportato nell’ordinanza, un carabiniere in pensione fungeva da uomo di fiducia per i mafiosi, trasmettendo messaggi tra esponenti di diversi gruppi al fine di favorire il dialogo e gli incontri. Uno degli episodi chiave documentati riguarda gli incontri tra Marco Raduano e Francesco Scirpoli, organizzati grazie a questo ex carabiniere.

Un altro caso preoccupante è quello di un poliziotto in servizio presso il commissariato di Manfredonia, che, in cambio di pesce fresco o altri favori, avvisava i mafiosi di eventuali appostamenti e operazioni. Dalle intercettazioni emerge la figura di “Matteo il poliziotto”, citato da Scirpoli con queste parole:

“Mò gli ho portato un poco di pesce… Manfredonia non sapeva niente, sennò io lo sapevo, tu lo sai, quello me lo dice a me.”

Una domanda cruciale: da quanto tempo accade tutto questo?

Le indagini sollevano interrogativi inquietanti:

  • Il poliziotto coinvolto forniva informazioni da quanto tempo? E fino a che punto le sue soffiate hanno alterato il corso delle indagini?
  • Il carabiniere in pensione agiva anche quando era in servizio? Quali segreti ha divulgato durante la sua carriera?

Questi comportamenti corrotti non solo compromettono la lotta alla mafia, ma erodono la fiducia dei cittadini verso le istituzioni che dovrebbero proteggerli.

Una rete di connivenze radicata nel territorio

Non si tratta di episodi isolati. La criminalità organizzata sul Gargano ha costruito una rete di complicità che coinvolge non solo forze dell’ordine infedeli, ma anche parte della cittadinanza. Questa collusione, che emerge dall’inchiesta, rappresenta un segno del radicamento della mafia nel tessuto sociale del territorio.

In un contesto simile, il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine oneste diventa una lotta titanica. La cosiddetta “quarta mafia” non è solo una questione di criminalità organizzata: è una malattia che coinvolge parti della società civile, rendendo ancora più complesso il percorso verso la legalità.

Un problema di tutti, non solo delle istituzioni

La presenza di membri delle forze dell’ordine tra i collaboratori della mafia Garganica pone un serio problema non solo per le istituzioni, ma per l’intera collettività. Come possiamo combattere la criminalità organizzata se esistono complicità interne alle stesse istituzioni deputate a contrastarla?

Non basta affidarsi alla magistratura e alle forze dell’ordine pulite. La lotta alla mafia è una responsabilità collettiva, che richiede l’impegno di tutti i cittadini onesti. È necessario rompere il silenzio, denunciare, sostenere chi lavora per la giustizia e rifiutare ogni forma di connivenza o indifferenza.

La sfida della legalità

La vicenda delle infiltrazioni mafiose nelle forze dell’ordine rappresenta un allarme che non può essere ignorato. La criminalità organizzata si combatte con la forza della legge, ma anche con il coraggio e l’impegno della società civile. Per vincere questa battaglia, è essenziale che le istituzioni recuperino credibilità e che i cittadini, uniti, scelgano di stare dalla parte della legalità. Il cammino è lungo, ma necessario per garantire un futuro libero dalla morsa della mafia.Alleghiamo una foto dove alcuni bambini hanno disegnato ringraziando le forze dell’ordine oneste e pulite.

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