San Severo(FG):Un altro tragico episodio di violenza contro una donna “l’ennesimo “

Questa mattina, a San Severo(FG), si è consumato un altro tragico episodio di violenza contro una donna, un crimine che colpisce duramente la nostra coscienza sociale e riaccende il dibattito sulla protezione delle vittime di abusi domestici. Celeste Palmieri, una madre di cinque figli, si trova ora in condizioni critiche presso l’ospedale Riuniti di Foggia, dopo essere stata colpita alla testa da colpi di pistola sparati dal suo ex marito, un ex agente della polizia penitenziaria.

L’aggressione è avvenuta in piena mattinata, davanti a un supermercato molto frequentato, in un luogo che dovrebbe essere sinonimo di sicurezza e quotidianità. L’aggressore, nonostante avesse il braccialetto elettronico, dispositivo di controllo spesso inefficace in Italia, è riuscito a incrociare la donna nei corridoi del supermercato. Secondo alcune testimonianze, il sistema di allarme si è attivato, la centrale operativa dei Carabinieri ha contattato immediatamente la donna l’anno quale ha risposto di averlo incontrato tra gli espositori del supermercato,immediatamente la centrale operativa del Comando Compagnia inviava una pattuglia, che però non è riuscita a impedire il tragico epilogo.

Come è accaduto il fatto:

L’uomo ha aspettato la vittima nel parcheggio e l’ha colpita ripetutamente con una pistola, arma di cui non si comprende come fosse ancora in possesso, dato che era ormai in pensione.

Situazione allarmante :

Questo drammatico episodio mette in luce ancora una volta le gravi lacune del nostro sistema di protezione per le donne vittime di violenza. Nonostante il cosiddetto “codice rosso”, introdotto con l’obiettivo di garantire un intervento tempestivo e prioritario nei casi di violenza domestica, l’Italia non è riuscita a proteggere Celeste Palmieri e tantissime altre donne. Il codice rosso prevede misure urgenti per la protezione delle vittime, ma, come dimostra questo caso, tali misure non sempre sono sufficienti per evitare tragedie.

In particolare, l’utilizzo del braccialetto elettronico per monitorare gli aggressori si sta rivelando spesso inefficace. Il dispositivo è destinato a creare un’immediata risposta delle forze dell’ordine in caso di avvicinamento dell’aggressore alla vittima, ma purtroppo non sempre funziona come dovrebbe. La distanza dai luoghi di intervento, la mancanza di risorse e la complessità delle situazioni di violenza domestica sono fattori che spesso rendono inefficace questa misura di protezione.

Maggiori controlli della persona e controllo dei sistemi elettronici.

L’ex agente, pur monitorato, è riuscito a compiere l’atto violento grazie anche al fatto di avere ancora accesso a un’arma da fuoco. Questo solleva interrogativi sulla necessità di maggiori controlli e restrizioni per coloro che detengono armi, in particolare per chi ha precedenti di violenza o comportamenti potenzialmente pericolosi. Come sottolineato dalla criminologa Roberta Bruzzone, in molti casi sarebbe necessario un approccio più rigoroso, includendo valutazioni psichiatriche approfondite per determinare il reale livello di pericolosità degli individui coinvolti in episodi di violenza domestica.

In mancanza di queste valutazioni, l’idea di confinare gli autori di tali crimini in strutture di tipo comunitario, dove possano essere seguiti da professionisti della salute mentale, potrebbe rappresentare una soluzione per evitare che situazioni simili si ripetano.Sottolineiamo che non si tratta solo di punire, ma di prevenire ulteriori atti di violenza, proteggendo non solo le vittime, ma anche i potenziali autori, spesso intrappolati in un circolo di disagio psicologico che sfocia in tragedie.

Questo ennesimo femminicidio ci obbliga a riflettere su quanto il nostro Paese sia ancora lontano dal garantire una protezione adeguata alle donne vittime di violenza. Nonostante i passi avanti sul fronte legislativo, i numerosi casi di femminicidio dimostrano che c’è ancora molto da fare. La speranza è che Celeste Palmieri possa sopravvivere, ma la sua storia, come quella di tante altre, è un grido d’allarme per una società che deve rispondere con maggiore efficacia a questo flagello.

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