Bari:Operazione antidroga,arresti, interrogatori preventivi e nuove criticità legali
La Procura di Bari ha tenuto una conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) che ha portato all’arresto di 12 persone accusate di traffico internazionale di droga. Tuttavia, la conferenza ha anche sollevato interrogativi sulla recente introduzione dell’interrogatorio preventivo, una misura che ha impedito l’arresto immediato di 15 dei 27 indagati nell’operazione.
Il nuovo obbligo dell’interrogatorio preventivo
Il coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Bari, Francesco Giannella, ha spiegato che per queste 15 persone non è stato possibile eseguire misure cautelari a causa della necessità, introdotta di recente dalla legge, di sottoporle a un interrogatorio preventivo. Questo nuovo obbligo si applica ai reati meno gravi rispetto a quelli commessi dalle persone già arrestate, che erano state colpite da misure cautelari immediate.
Secondo la norma, il giudice è ora tenuto a sentire gli indagati prima di decidere sull’eventuale arresto, differenziando tra reati più e meno gravi. Di conseguenza, le persone non ancora fermate sono consapevoli di essere tra i potenziali arrestati e, in teoria, potrebbero sfruttare questo margine temporale per reagire.
Le preoccupazioni della Procura
Questa nuova procedura ha sollevato preoccupazioni tra gli inquirenti. Il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ha manifestato i suoi dubbi su possibili conseguenze negative: “Che succede se qualcuno degli indagati decide di scappare o distruggere le prove?”. Un interrogativo legittimo che evidenzia le vulnerabilità legate all’obbligo di notificare la propria posizione legale a soggetti coinvolti in indagini delicate, come quelle relative alla criminalità organizzata.
Anche Ettore Cardinali, il pm della DDA di Bari che ha coordinato le indagini, ha espresso preoccupazione, sottolineando come questa misura possa avere ripercussioni significative sui procedimenti legati alla mafia. “Oggi 15 persone che sarebbero state in carcere o ai domiciliari sono a conoscenza di tutti gli atti di un procedimento che riguarda la criminalità organizzata”, ha osservato. Il timore è che la consapevolezza di essere sotto indagine possa incentivare la fuga o la distruzione di prove cruciali.
L’operazione e i dettagli sugli arresti
L’operazione della DIA, eseguita questa mattina, ha comunque portato all’arresto di 12 persone, 11 delle quali sono state condotte in carcere, mentre una è agli arresti domiciliari. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di aver promosso, diretto e partecipato a un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Secondo gli inquirenti, la rete criminale si occupava di rifornire il mercato della cocaina in diverse aree del Sud Italia, tra cui Foggia, la provincia di Barletta-Andria-Trani, il Molise e persino l’Abruzzo.
Gli investigatori hanno spiegato che la droga, definita “purissima”, veniva trasportata in Italia principalmente tramite pescherecci albanesi, una modalità consolidata nei traffici internazionali di stupefacenti. L’Albania, infatti, rappresenta da anni un punto di snodo cruciale per il traffico di droga verso l’Europa, e in questo caso il mare Adriatico ha funto da via principale per l’importazione della cocaina.
Le criticità dell’interrogatorio preventivo
L’interrogatorio preventivo, introdotto di recente, pone nuove sfide per il sistema giudiziario italiano, soprattutto in contesti di criminalità organizzata. Se da una parte intende garantire un maggiore rispetto dei diritti degli indagati, dall’altra può ostacolare l’efficacia delle operazioni contro il crimine organizzato, come sottolineato dai procuratori baresi. Questo strumento mira a bilanciare il diritto alla difesa con le esigenze di giustizia, ma in casi come quello della mafia e del narcotraffico, dove il rischio di fuga o di inquinamento delle prove è elevato, l’efficacia della misura potrebbe risultare compromessa.
L’operazione della DIA a Bari, seppur con successo parziale, rappresenta un altro colpo inferto alle reti criminali del Sud Italia, ma la sua esecuzione evidenzia le nuove difficoltà legate alle recenti riforme del sistema giudiziario.
La Procura ha lanciato un chiaro monito: “senza aggiustamenti alle nuove procedure, le indagini su organizzazioni complesse e pericolose come quelle mafiose potrebbero essere messe a rischio”.