L’Utilizzo dei Permessi Retribuiti per Attività Collaterali.La Decisione della Corte di Cassazione sull’Assistenza ai Disabili

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22643 del 9 agosto 2024, ha affrontato una questione di notevole rilevanza giuridica e sociale, dichiarando l’illegittimità di un licenziamento intimato a un lavoratore per l’uso dei permessi retribuiti per attività diverse dall’assistenza diretta e in presenza a un familiare disabile. La decisione ha sottolineato un concetto più ampio di assistenza, che va oltre la semplice presenza fisica accanto al soggetto assistito.

La Normativa di Riferimento

La materia dei permessi lavorativi retribuiti per l’assistenza ai disabili è regolata principalmente dall’art. 33 della Legge 104/1992. Secondo questa normativa, il lavoratore ha diritto a fruire di permessi per assistere un familiare che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale tale da comportare una riduzione significativa dell’autonomia personale, richiedendo quindi un intervento assistenziale continuativo.

Con l’introduzione del Decreto Legislativo n. 62/2024, la terminologia in materia è stata aggiornata, sostituendo il termine “handicap” con “condizione di disabilità”, per descrivere più accuratamente la complessa situazione di chi, a causa di barriere fisiche o sociali, incontra difficoltà nel partecipare alla vita quotidiana in condizioni di parità con gli altri.

Il Contrasto tra Datore di Lavoro e Lavoratore

Una questione centrale è stata se l’assistenza debba necessariamente consistere in un’attività diretta e in presenza, oppure se possa includere anche attività collaterali, come fare la spesa o sbrigare pratiche burocratiche per conto dell’assistito. Questo tema è stato al centro di numerosi conflitti tra datori di lavoro e lavoratori, con i primi spesso inclini a ritenere che l’assistenza debba essere svolta esclusivamente in presenza.

Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, al lavoratore era stato contestato il mancato svolgimento di attività di assistenza diretta al nonno disabile nei giorni per i quali aveva richiesto il permesso. In particolare, era emerso che il lavoratore non aveva incontrato il familiare disabile nelle date indicate, motivo per cui il datore di lavoro aveva proceduto al licenziamento.

La Sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ribaltato la decisione del datore di lavoro, affermando che l’assistenza non deve essere intesa in senso restrittivo. Secondo i giudici, le attività che il lavoratore aveva svolto, come fare la spesa per conto del nonno disabile, rientravano pienamente nella nozione di assistenza prevista dalla legge. L’assistenza, infatti, non può essere ridotta alla mera presenza fisica accanto al disabile, ma deve includere tutte quelle attività che quest’ultimo non è in grado di svolgere autonomamente.

L’ordinanza ha ribadito che l’assenza dal lavoro per la fruizione dei permessi deve essere correlata all’esigenza di assistenza del disabile, ma non necessariamente legata a un supporto diretto e in presenza. La Corte ha così sancito che l’utilizzo dei permessi per attività collaterali, se funzionali alle necessità dell’assistito, è pienamente legittimo, ampliando il concetto di assistenza al di là del mero sul pporto fisico.

In pratica concludendo:

La decisione della Corte di Cassazione segna un’importante evoluzione nell’interpretazione dei diritti dei lavoratori che assistono familiari disabili. Il riconoscimento della legittimità dell’utilizzo dei permessi per attività collaterali, funzionali alle esigenze dell’assistito, rappresenta un passo avanti nel garantire un sostegno più completo e flessibile ai soggetti disabili, adattando la normativa alle reali necessità quotidiane di chi si trova in condizioni di disabilità.

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