Michele D’Alba e la Riduzione della Tangente: Il Caso che Svela il Legame con la Criminalità Organizzata

Il 22 febbraio, Giuseppe Francavilla, noto come il “cassiere” del clan omonimo, ha fornito una testimonianza dettagliata alla PM Bruna Manganelli della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), riguardo all’imprenditore Michele D’Alba di Manfredonia. D’Alba, collegato alle cooperative Tre Fiammelle e Lavit, è stato accusato di aver pagato tangenti al clan Moretti, pur negando ogni coinvolgimento.

La Testimonianza del Pentito

Francavilla ha dichiarato che D’Alba inizialmente pagava 2.500 euro al clan Moretti. Tuttavia, a causa di difficoltà economiche, la tangente è stata ridotta. Le cooperative Tre Fiammelle e Lavit, rispettivamente attive nel global service e nell’appalto da 170 milioni di euro per il lavanolo delle Asl pugliesi, sono state colpite da un’interdittiva antimafia dalla Prefettura di Foggia, che ha evidenziato la loro vicinanza alla criminalità organizzata.

Le Accuse e le Prove

Il verbale di Francavilla, lungo 166 pagine, è stato inserito nel fascicolo chiuso ad aprile che accusa D’Alba di favoreggiamento aggravato dalla mafia. L’imprenditore ha negato di aver mai pagato il pizzo, nonostante le intercettazioni e il suo nome presente nella lista delle estorsioni della criminalità foggiana. Questi elementi hanno spinto la DDA a richiedere il rinvio a giudizio di D’Alba.

Francavilla ha inoltre spiegato come D’Alba fosse nella lista trimestrale del clan Moretti e come avesse tentato di avviare un’attività di lavanderia industriale insieme a lui. Dopo l’arresto di Francavilla, D’Alba ha proseguito l’attività da solo.

L’Estorsione al Don Uva

La DDA ha chiesto a Francavilla informazioni sul Don Uva, una struttura sanitaria acquisita da una cordata di imprenditori, tra cui D’Alba. Francavilla ha riferito che il clan Moretti voleva estorcere denaro agli imprenditori, ma fu dissuaso da lui stesso. Tuttavia, due affiliati del clan, Ernesto Gatta e Francesco Tizzano, sono stati arrestati e condannati per un tentativo di estorsione alla Rssa “Il Sorriso”.

La Difesa di D’Alba

D’Alba ha modificato la sua versione dei fatti durante un’interrogazione nell’aprile 2020, ammettendo di aver ricevuto richieste estorsive da parte di Gatta e Tizzano, ma negando di aver mai pagato. Nonostante ciò, le cooperative continuano a essere considerate a rischio di contiguità con i clan, come sostenuto dalla DDA e dalla Prefettura, che si sono opposte alla richiesta di controllo giudiziario di Lavit.

Il caso di Michele D’Alba rappresenta un esempio emblematico delle complesse interazioni tra imprenditoria e criminalità organizzata in Puglia. Le testimonianze e le intercettazioni dipingono un quadro di estorsioni e pressioni mafiose che mettono in luce la difficile situazione degli imprenditori locali. Le azioni della DDA e delle autorità locali dimostrano un impegno continuo nella lotta contro la criminalità organizzata, nonostante le sfide persistenti.

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