Foggia:Società Foggiana tra Odio e Vendetta-La Ricostruzione di Giuseppe Francavilla
Società Foggiana tra Odio e Vendetta la Ricostruzione di Giuseppe Francavilla nelle Carte dell’Inchiesta su Sinesi e Ragno
“Ho deciso di collaborare con la giustizia per dare un futuro migliore ai miei figli e per delle controversie con Antonello Francavilla che potevano portare all’eliminazione fisica mia o sua”. Con queste parole, Giuseppe Francavilla, noto come “Pino Capellone”, ha motivato la sua scelta di abbandonare la carriera criminale nella mafia foggiana. A 46 anni, dopo un ventennio come esponente di spicco del clan Sinesi-Francavilla, Francavilla ha deciso di collaborare con la giustizia, ponendo fine a una vita segnata dalla violenza e dall’illegalità.
La sua decisione è stata scatenata da contrasti interni al clan, particolarmente con il cugino Antonello Francavilla. I dissapori sono iniziati quando Patrizio Villani, ex killer dei Sinesi e oggi pentito di mafia, ha dichiarato che Giuseppe voleva uccidere Francesco Sinesi, cognato di Antonello. Queste tensioni, unite alle preoccupazioni per la propria vita, hanno spinto Francavilla a rivolgersi alle autorità.
Le dichiarazioni di Giuseppe Francavilla sono confluite nella recente inchiesta sul tentato omicidio di Vito Bruno Lanza, alias “U’ Lepre”, del clan Moretti-Pellegrino-Lanza. L’agguato, avvenuto il 17 ottobre 2015, è stato orchestrato da Roberto Sinesi, noto come “Lo zio”, che avrebbe ordinato l’attacco, con Sergio Ragno sospettato di aver fatto da autista ai sicari Ciro Spinelli e Luigi Biscotti, entrambi già condannati in via definitiva.
Gli inquirenti hanno sottolineato che la volontà di collaborare di Francavilla è emersa dopo la sentenza definitiva “Decima Azione”, che lo ha condannato insieme ad altri membri del clan Sinesi-Francavilla per reati legati all’associazione mafiosa. La scelta di collaborare appare quindi sincera e motivata dalla necessità di proteggere sé stesso e la sua famiglia, piuttosto che da intenti utilitaristici.
La posizione di Francavilla all’interno della Società Foggiana, un’organizzazione criminale nota per la sua spietatezza, conferisce particolare rilevanza alle sue testimonianze. Le sue rivelazioni non solo forniscono dettagli cruciali sugli intrighi interni del clan, ma anche sui rapporti e le dinamiche di potere tra le varie consorterie mafiose della zona.
Un altro collaboratore di giustizia, Carlo Verderosa, ex affiliato del clan Moretti, ha confermato che l’attacco a Vito Bruno Lanza era parte di una più ampia strategia orchestrata da Roberto Sinesi per eliminare minacce interne e mantenere il controllo del territorio. Anche Mario Piscopia, sospettato di fare il doppio gioco, era stato bersaglio di un attentato il 13 settembre 2015, poco prima dell’attacco a Lanza.
Negli ultimi cinque anni, un crescente numero di esponenti della criminalità organizzata di Foggia ha iniziato a collaborare con la giustizia, destabilizzando il potere delle mafie locali. Le rivelazioni dei pentiti stanno scuotendo le fondamenta della Società Foggiana, portando alla luce una realtà fatta di odio, vendetta e violenza, ma anche di speranza per un futuro diverso. I boss tremano, consapevoli che la loro impunità potrebbe essere giunta al termine.