IL GIUDICE SE NE VA, E NESSUNO SI CHIEDE PERCHÉ
La cronaca giudiziaria di questi giorni, attenta solo ai processi che fanno audience, segnala l’abbandono di uno dei giudici del processo a Ciro Grillo. Seguono corrucciate previsioni di allungamento dei tempi, e di possibili speculazioni difensive che -pensate un po’- potrebbero chiedere la ripetizione della istruttoria. Questa annosa questione, ben oltre il singolo caso di cronaca, è l’ennesimo esempio di disinformazja giudiziaria. C’è qualcuno di voi che, da imputato, accetterebbe l’idea che il giudice, il quale abbia seguito tutta la istruttoria dibattimentale dalla quale dipende più o meno la tua vita, se ne vada bellamente prima di concludere il processo? E che costui venga sostituito da un giudice che non sa nulla del processo, e che se ne farà una idea leggendo i verbali? Io non credo. E infatti il codice impone la ripetizione della istruttoria, come è ovvio e giusto che sia, e come ciascuno di voi pretenderebbe che fosse. Ma la magistratura italiana da sempre aborre questo elementare principio di civiltà giuridica: si perde tempo, dicono. E -detto fatto- a sezioni unite riscrive la norma, che grazie a quella spericolata interpretazione non è più la regola, ma una cervellotica ed improbabile eccezione, ignota al legislatore. Almeno la Corte costituzionale pone un freno (si eviti la ripetizione solo se c’è la videoregistrazione delle udienze precedenti), e la riforma Cartabia riscrive la norma a ricalco su quella decisione del Giudice delle Leggi. La magistratura, tuttavia, scalpita e fa rullare i tamburi, perché le videocamere nelle aule non ci sono (ed è vero), ma non accetta che, in attesa, i processi si ripetano. Ora, il punto è questo: qualcuno si è mai chiesto perché accade tutto ciò? Perché, insomma, si pone il problema del giudice che va via? Sappiate che la risposta è semplicissima. Lo fa per ragioni di carriera: vuole cambiare sezione, vuole andare al grado superiore, vuole avvicinarsi a casa, vuole raggiungere il coniuge. Tutto legittimo, beninteso. Ma lo scandalo sta nella odiosa prevalenza di questi interessi, legittimi ma corporativi, sul sacrosanto diritto dell’imputato (ma anche delle parti offese!) a vedersi giudicato dallo stesso giudice che ha raccolto la prova. Dovrebbe accadere almeno che il trasferimento venga eseguito solo quando il giudice abbia esaurito la trattazione dei processi che ha iniziato. Lo dice anche la più ignorata circolare dello stesso CSM. Ma non accade: e quindi parte la grancassa mediatica contro i soliti avvocati che cercano pretesti per perdere tempo, calpestando il principio della ragionevole durata del processo. Pensino a non intralciare la speditezza dei processi, chè l’Europa ci guarda! Così funziona la giustizia penale nel nostro Paese, così venite informati dai media, così si formano le vostre opinioni sulla giustizia penale.
G.D.C.