Il procuratore Antimafia Melillo:” È inutile dire che le misure di prevenzione sono lo strumento fondamentale”
“È inutile dire che le misure di prevenzione sono lo strumento fondamentale, sarebbe banale dire che trent’anni fa era quasi un’eccezione che i patrimoni mafiosi fossero sottoposti a sequestro e confisca, mentre oggi consideriamo normale questa realtà. Anche se va sottolineato quello che prima dicevo in ordine alla difficoltà dello strumento di essere applicato con riferimento proprio alle dimensioni imprenditoriali più raffinatamente attratte nei circuiti di influenza mafiosa, e anche se bisogna continuare a tener conto che questo strumento non è utilizzato in modo omogeneo sul territorio nazionale, nonostante le indicazioni del Consiglio Superiore della Magistratura. Non tutti i grandi tribunali hanno sezioni specializzate in materia di misure di prevenzione, perché è uno strumento talmente delicato che esige una specializzazione del giudice.
Qualche anno fa fu fatta una rilevazione, verificando che soltanto il 30 per cento degli uffici giudiziari ricorreva a questo strumento, il che potrebbe anche essere difficile da spiegare, visto che l’azione di prevenzione, anche se non è in Costituzione direttamente, è obbligatoria esattamente come l’azione penale, sussistendone i presupposti.
Se proprio dovessi indicare un punto di criticità delle misure di prevenzione, secondo me, esso è rappresentato dal sistema di amministrazione. I giudici non sono fatti per amministrare i beni. L’amministrazione dovrebbe essere in mani giudiziarie per un periodo limitato di tempo, tre mesi, sei mesi, quello necessario alla ricostruzione del compendio probatorio, alla raccolta di tutti gli elementi utili a fini investigativi, e poi bisognerebbe passare la mano, perché quello che si è verificato a Palermo, che ovviamente ha una dimensione patologica, in realtà esprime un’obiettiva linea di sovraccarico della funzione giudiziaria di compiti impropri e, ogni volta che si pone lo sguardo su un’amministrazione appena appena complessa, si scopre che il giudice per amministrare ricorre ad amministratori che, per amministrare, hanno bisogno di consulenti di ogni genere, e sovente le spese delle amministrazioni di giustizia consumano la stessa ragion d’essere del sequestro e della confisca.
Da questo punto di vista il sistema va ripensato, tornando indietro rispetto alle scelte fatte nel 2017, che sono state scelte viziate da un eccesso di fiducia verso le capacità del sistema giudiziario di farsi carico del problema dell’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati. Da questo punto di vista le scelte del legislatore del 2010 promettevano di più, ma secondo me sarebbe necessario un intervento persino più radicale.
In merito al tema dei minori, io credo che il fenomeno sia uno delle cartine tornasole più rilevanti e più importanti del rischio di considerare il crimine organizzato una questione affidata a magistrati e a forze di polizia, perché è del tutto evidente che nell’attrazione di giovani e giovanissimi nelle fila di organizzazioni criminali, si rivela un profilo fallimentare del complesso delle politiche pubbliche, che dovrebbero invece reggere il sistema. Le mafie sono questioni che coinvolgono la responsabilità di tutte le politiche pubbliche, quelle educative, quelle della formazione, quelle dei servizi sociali, delle forme di integrazione, le politiche del lavoro; persino le politiche urbanistiche sono decisive per un’azione efficace nel contrasto dei fenomeni mafiosi.
Da questo punto di vista anche le esperienze più avanzate, come quella del protocollo che lei citava, non possono nascondere quella realtà, perché quel protocollo funziona nei casi estremi, non è suscettivo di applicazione diffusa e discriminata, non è suscettivo di porsi come via di fuga da ben altre responsabilità. Ciò nulla togliendo al fatto – ed è questa la ragione per la quale il mio ufficio continua a dare convinto sostegno all’applicazione di quel protocollo – che vi sono casi nei quali il ricorso a quello strumento così traumatico è obiettivamente necessario.