Fine di uno scempio, bravo Ministro Nordio.
In vista della sacrosanta abrogazione del reato di abuso di ufficio, è iniziata la narrazione dolente delle sciagure che ne conseguiranno. L’Europa ci incenerirà; le Procure saranno defraudate del “reato-spia” (lo chiamano proprio così) per beccare mafiosi all’opera sottotraccia; i pubblici amministratori potranno tornare a fare il bello ed il cattivo tempo. Se a quei severi critici opponi i famosi numeri (4000 procedimenti per abuso, 18 condanne), ti dicono che è colpa delle troppe modifiche della norma succedutesi nel tempo, senza però interrogarsi sulle ragioni di quelle modifiche succedutesi nel tempo. La norma non funziona, non ha mai funzionato. Ha solo causato danni all’ordinato svolgimento della vita democratica, disseminando a piene mani, e pressocchè sempre senza ragione, dimissioni di sindaci, assessori, giunte, o alterando in pieno corso campagne elettorali ed esiti del voto. È allarmante questa diffusa indifferenza alla tutela, che dovrebbe essere prioritaria, del corretto svolgimento delle competizioni elettorali e, più in generale, dell’ordinato corso della vita democratica. Non sorprende invece che i Magistrati insorgano: per quanti di loro intendano la funzione come un formidabile potere di controllo preventivo e di condizionamento della politica e della pubblica amministrazione, il colpo è micidiale.
Intanto, però, sgomberiamo il campo dalle suggestioni, secondo le quali ora i pubblici ufficiali potranno impunemente abusare del loro potere, in una sorta di nuovo bengodi dell’arbitrio. Le condotte di abuso della funzione e del potere da parte dei pubblici ufficiali sono punite severamente nel nostro Paese, ben più che in Europa, e continueranno pacificamente ad esserlo. Abusa dei propri poteri e delle proprie funzioni il Pubblico ufficiale che si fa corrompere, che concute, che commette peculato o malversazione, e così continuerà ad essere. La norma di cui stiamo discutendo è l’abuso, per capirci, in purezza. Un abuso che però non è concussione, non è corruzione, non è peculato, non è malversazione, non è traffico di influenze. Non è, insomma. Non sappiamo esattamente cosa sia, sappiamo cosa non è. Non un buon viatico per il precetto penale, che la Costituzione pretende sia chiaramente descrittivo di una condotta tipica, non deducibile per sottrazione.
Si obietta: ma allora il sindaco che assume senza titolo l’amante?
Il commissario del concorso pubblico che favorisce il nipote?
Ebbene, se queste condotte sono commesse senza corrispettivi illeciti e senza condotte fraudolente (nel qual caso si risponderà di quei reati ben più gravi), ci troveremo di fronte ad atti illegittimi: ci si rivolga al giudice amministrativo per il loro annullamento, si agisca per i danni se ve ne sono i presupposti. In questo Paese, non riusciamo ad imparare un principio molto semplice: non tutti i comportamenti riprovevoli o illegittimi devono necessariamente integrare una fattispecie di reato per essere perseguiti. Tutto qui. D’altro canto, la storia dei processi di abuso conferma esattamente questo quadro: in assoluta prevalenza, indebiti processi penali alla legittimità di atti amministrativi. Basterà leggere il prezioso lavoro svolto dall’inesausto Enrico Costa, che ha avuto una idea semplice e felicissima: un esame a tappeto delle cronache giudiziarie nelle testate locali, luogo privilegiato di ricostruzione dei processi per abuso a sindaci ed amministratori vari. La fotografia che ne consegue è impietosa, e vale più di mille discussioni o convegni. Storie di sindaci, assessori ed amministratori vari incriminati per fatti che a distanza di anni, e dopo le dimissioni, la conseguente alterazione della competizione elettorale, lo svergognamento personale e familiare, sono stati puntualmente dichiarati inesistenti. Qualche esempio delle condotte (ingiustamente) incriminate perché ritenute illegittime? Delibera di conferimento di incarico ad interim per due mesi di dirigenza dell’ufficio tecnico comunale al capo dei Vigili; finanziamento con una Fondazione che gestisce il teatro comunale di una campagna pubblicitaria ritenuta “autocelebrativa”; concessione a due cantine del Paese di scaricare nel depuratore (!) i reflui della vendemmia; ordinanza di rinvio della demolizione di due chioschetti abusivi sul lungomare, nella imminenza delle elezioni; delibera di nomina della sovraintendente al Teatro Lirico della città; concessione dell’utilizzo dello stadio comunale per uno spettacolo privato; e mi fermo qui, i casi raccolti sono almeno 150. Fine di uno scempio, bravo Ministro Nordio.
Gian Domenico Caiazza