IL SISTEMA INTRECCIO DI TRANI E LA ORIGINALE PROCEDURA DI AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DEL DON UVA

IL SISTEMA TRANI E LA ORIGINALE PROCEDURA DI AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DEL DON UVA
Finalmente consultabili gli atti della procedura di amministrazione straordinaria della Congregazione ancelle Divina Provvidenza, il Don Uva.
Una procedura non molto trasparente, con molti dubbi, come riportato dal quotidiano L’Attacco giorni fa.Forse gestita dal Ministero dello sviluppo economico, il MISE, in maniera superficiale e lunga, precisiamo che è durata tre anni, dal 13 febbraio 2015 al 12 febbraio 2018, la durata massima prevista dalla legge, “combinazione”.
Alcuni decreti di proroga sono stati emessi dopo la scadenza del precedente periodo autorizzato e forse il MISE non poteva autorizzare con efficacia retroattiva.
Ma non è questo il problema, o non è il solo problema.
I problemi sono due.
Il primo riguarda il valore degli immobili che saranno ceduti al privato per soli 5 milioni di euro e senza debiti, con l’intera azienda di tre complessi ospedalieri, a Bisceglie, Foggia e Potenza.
Le perizie del Tribunale di Trani all’epoca di Capristo, quando era Procuratore della Repubblica di Trani, stimavano gli immobili poi ceduti per oltre 320 Milioni di euro, ma poi ci deve essere stata una accelerazione pesante, caduta del mercato immobiliare,in previsione dell’arrivo Covid, che ha portato a valutazioni nette di circa 5 milioni di euro, il prezzo di vendita guarda caso.
Altra perizia richiesta dal Comitato di sorveglianza addirittura riferisce di valori negativi. “ Vendete Vendete, perché gli immobili non valgono nulla scrivono i super esperti”.
Anche perché l’avviamento non c’è, aggiunge il commissario Cozzoli, anche davanti al giudice penale un po’ incredulo.
Tecnicamente ha ragione il Commissario Cozzoli: gli ospedali di Bisceglie e di Foggia non si possono trasferire con i dipendenti ad un altro gestore, perché lo vieta- pardon -vietava, una legge della Regione Puglia e Cozzoli non sa ancora, quando testimonia davanti al giudice penale la correttezza della sua procedura.Ma il tempo era clemente da far cambiare la legge regionale che proprio per la bisogna.Tale legge regionale diede la possibilità di chiudere una operazione di vendita a costo quasi zero per favorire la continuità aziendale e il transito dei lavoratori alla inesperta new c., rilasciando immediatamente e con legge regionale l’accreditamento definitivo delle due sedi pugliesi, negato, non si sa per inefficienza tecnica o per dispersione ,fino ad allora alla vecchia proprietà.
Ma se non sapeva, Cozzoli ,come poteva prevedere un cambiamento, oppure era un infallibile veggente, che vedeva lontano già quando fu incaricato dal MISE, immaginava che la legge regionale sarebbe cambiata e lo sapeva anche il MISE!

Altrimenti la procedura di amministrazione straordinaria poteva iniziare!
Nel mondo della politica sia regionale che nazionale tutto è possibile, sopratutto quando ci sono degli intrecci tra i vari settori istituzionali, che li fanno sembrare visionaria e prospettica.
E allora, visto che le condizioni economiche stavano cambiando in previsione dell’arrivo del Covid, meglio svendere-pardon- vendere, per ricavare qualcosa.
Il comportamento della Regione Puglia, molto virtuosa nel garantire i diritti dei lavoratori. Come abbiamo visto.Prima la legislazione regionale non permetteva il trasferimento dell’accreditamento delle sedi di Bisceglie e Foggia, ma questo avrebbe impedito l’inizio stesso della procedura di amministrazione straordinaria voluta da Capristo.
Ecco allora la soluzione: si integra la legislazione regionale con un cambiamento normativo regionale che prevede il riordino del sistema sanitario.
E il trasferimento dell’accreditamento può avvenire al privato che si è aggiudicato il Don Uva intero. Ma a condizione, scrive il MISE nel decreto di proroga dell’8 giugno 2017, che vi sia il contratto di cessione dei due rami di azienda e, aggiungiamo noi come prevede la legge regionale n.9 del 2017, a condizione che si applichi la norma – art.2112 cc – che trasferisce i diritti dei lavoratori con i rapporti di lavoro senza soluzione di continuità al privato.
E qui nasce il problema, perché il privato non prenderebbe più il Don Uva per cinque milioni, che sono pochi ma possono essere tantissimi.
Ecco allora, prima del decreto di proroga del MISE dell’8 giugno 2017, la soluzione: tutti i lavoratori firmano in sede sindacale conciliazioni con cui rinunciano, per il futuro, a rivendicazioni dei propri crediti nei confronti dell’acquirente, firmando anche le dimissioni condizionate con CDP.
Condizionate a cosa?
Ma naturalmente al perfezionamento della procedura di cessione dei rami aziendali e di accreditamento delle sedi.
Una volta fatto tutto, si ricomincia, anzi si comincia.
Partendo da zero.
Con il nuovo gestore, senza i debiti dei lavoratori. Un’operazione che esperti commercialisti definiscono ,lavatrice.
Su cui la Procura sta facendo riflessioni per adottare provvedimenti, magari a carico del Mise, per garantire ai lavoratori i diritti negati e forse l’ingresso dello Stato nella gestione del Don Uva. Come richiesto dal vice presidente operativo, proprietario della struttura al 60% ,in un convegno all’associazione industriali di Foggia.

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